Fantastiche visioni - Tucano Viaggi Skip to main content

Seguire l’ombra di Gabriel Garcia Marquez e dei protagonisti dei suoi romanzi tra i vicoli e le case coloniali di Cartagena. Accarezzare le forme delle gigantesche statue di Fernando Botero in piazza a Medellín o ammirare le sue donne, uomini e bambini dalla fisicità aggressiva, nel Museo di Bogotà. Li accomuna il loro essere liberi da vincoli spazio-temporali, ma legati da relazioni infinite. Nel puro stile del realismo magico… 

 

Testo di Fausta Filbier

 

“Il realismo magico è il racconto dettagliatissimo di una realtà troppo assurda per essere vera. Non per niente, il realismo magico è nato in Colombia.” Si apriva così Narcos, la celebre serie televisiva statunitense, che descriveva ascesa e disfatta di Pablo Escobar, re del narcotraffico mondiale. Sullo sfondo, il racconto di un Paese che, intrecciando piani temporali paralleli, fonde in un’unica storia realtà e fantasia. Non per perdonare o assolvere, ma per restituire alle cronache una vicenda drammatica, dalla mille sfaccettature, con l’unico linguaggio che le è proprio: il realismo magico. Non per niente, il suo maestro assoluto è un gigante colombiano, Gabriel Garcia Marquez. A lui il merito di avere svelato al mondo personaggi dalla fisicità aggressiva, visionari, liberi da vincoli spazio-temporali, ma legati da relazioni eterne, immortali.

La magia che si respira in Colombia è tutta qui, negli infiniti rimandi, nel perenne movimento tra razionalità e immaginazione, ragione e sentimento. E nella potenza delle connessioni, repentine e contraddittorie che, in un attimo, l’hanno portata dall’incubo al sogno. Da mezzo secolo di guerra civile (con 220 mila morti) a Paese più felice del mondo, in poco più di vent’anni (secondo l’indagine della WIN/Gallup International Association, gennaio 2016). Certo, la differenza l’ha fatta la pace nel 2016, firmata tra il presidente Juan Manuel Santos e i leader delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) e l’Esercito di liberazione nazionale (Eln). Realismo e magia, nulla di lineare. Ma il processo, complesso, anche se con molte contraddizioni e battute d’arresto, sta cambiando il corso della storia del Paese.

 

Gabriel Garcia Marquez, a Cartagena per rinascere

Il cuore più puro del realismo magico colombiano non può che battere a Cartagena, città da sempre tranquilla, edonistica e silente. Le colorate case coloniali, con i balconi fioriti e i patii, le viuzze e le piazze sono lo scenario perfetto per chi ama perdersi. Anzi, “ci si torna per rinascere”, diceva Marquez della sua città adottiva, quella dove ha ambientato L’amore ai tempi del colera. “Vedrai, a Cartagena ogni cosa è diversa. Questa solitudine senza tristezza, questo oceano incessante, questa immensa sensazione di essere arrivato”. Talmente bella e perfetta, da essere a volte accusata di essere algida. La amava, Marquez, e le atmosfere dei suoi romanzi, i fantasmi dei suoi personaggi, si respirano ovunque. La sua anima spagnola, nera e india, la sua perenne estate caraibica, la sua quasi fastidiosa perfezione architettonica, tengono Cartagena sospesa in una dimensione onirica, fuori dal tempo. Che amplifica il piacere di girarla a piedi, a tutte le ore, senza paura e senza meta, lentamente. Non c’è nulla da sapere o imparare. Serve solo viverla. Ripensando a Gabito. E seguendo i suoi continui rimandi, le sue emozioni…

 

La Cultura Metro a Medellín

C’era una volta la città del male, quella dall’anima nera: Medellín. Perché è in questa metropoli (con più di due milioni e mezzo di abitanti), piantata tra le montagne e movimentata da sette colli (come Roma), che l’incubo narco si è trasformato in un sogno di rinascita. Faceva caldo quel dicembre del 1993, quando Pablo Escobar moriva – fuggitivo – sui tetti della sua città. Medellín allora era la capitale mondiale della droga e della violenza. Vent’anni dopo, il Wall Street Journal la nominava capitale mondiale dell’innovazione. Del sanguinario Pablo rimane solo un dipinto di Fernando Botero, esposto nel Museo di Antioquia. Oggi, la città vive una nuova era, grazie a quello che lo scrittore Héctor Abad Faciolince (nato qui), ha battezzato Nuevo Cartel de Medellín: “quel cambio culturale, che ha fatto dell’architettura lo strumento per la trasformazione”. Il loro grande cuore i paisa (i suoi abitanti) l’hanno davvero lanciato oltre l’ostacolo, dando un’originale forma a realismo e magia. Basta guardarsi intorno. Senza mediazioni, l’occhio corre su uno skyline contemporaneo, che non regala nulla alla dolcezza né, tantomeno, racconta una storia più antica di qualche decina di anni. Medellín non è bella, ma è la más educada, come grida lo slogan che per due decenni ha guidato l’attività governativa. Un ruolo preponderante lo hanno giocato le fonti rinnovabili e molti sono i quartieri che utilizzano nuovi materiali, nel rispetto dell’ambiente e del risparmio energetico. Osando spazi e forme innovative, sono nati musei, parchi, eco-palazzi, una trentina di librerie pubbliche collegate in rete, asili, scuole.

 

I murales degli artisti di quartiere

Ma è stata la nuova viabilità a ricreare quel senso di comunità, perso negli anni più bui: un sistema integrato di metropolitana, funivie, tranvie, bus, taxi collettivi, che sono diventate un nuovo strumento di democrazia, mescolando ricchi e poveri. Si prova un brivido di onnipotenza ad attraversare velocemente una città così tentacolare e trafficata, passando da una metropolitana a una scala a mobile, da un minibus a una funicolare. Magia. Qui la usano non per andare a sciare, ma per collegare irraggiungibili quartieri arrampicati sul catino di colline tutt’intorno. Le funivie danno un’opportunità nuova a chi vive nei barrios periferici. Ne sono orgogliosi tutti. L’hanno chiamata Cultura Metro… Merita comprare un biglietto e sbizzarrirsi nei percorsi. Da non perdere? Quello che in metro sfiora il Parque Explora, avveniristico museo della scienza, e in funicolare si inerpica sull’aggrovigliato barrio Comuna Uno, in passato off limits per i gringos. Oppure, quello che segue il ritmo lento delle escaleras eléctricas, sei scale mobili che si infilano su in alto per 110 metri nel barrio Comuna 13. E, a ogni piano, fermarsi a interpretare gli incredibili murales dipinti dai giovani artisti del quartiere. Per fare quegli incontri che valgono il viaggio e fanno tanto Cent’anni di solitudine…. Come il ragazzo che pulisce in modo maniacale la copertura delle scale, o la studentessa controllora: non del biglietto (è gratuito), ma del perfetto funzionamento degli scivoli. Di notte, invece, soprattutto il centro – più degradato – può essere pericoloso. Ma come molte metropoli del mondo. Molto lavoro di recupero da fare. I soldi ci sono. Ma non basta la buona economia. Anche la società civile deve andare avanti. Il problema più grave? Come in tanti Paesi del mondo: le abissali disparità, con tanti ricchi e tantissimi poveri ed esclusi.

 

Le potenti gordas di Fernando Botero

Nella magia, anche qui c’è sempre realismo. È così, Medellín: visioni ed esperienze. Come le 23 gigantesche statue bronzee in Plaza Botero. Quelle potenti gordas che Fernando Botero ha regalato alla sua città (era nato qui nel 1932). E che dialogano con le piazze, le case, la sua gente e i suoi fantasmi. Da accarezzare, come fanno tutti… soprattutto le rigogliose natiche delle donne. Portano fortuna. E, a furia di sfregarle e passarci sopra le mani, il bronzo è diventato più chiaro e lucidissimo.

Botero e la sua arte portano fino a Bogotà. La capitale lega il suo destino alle Ande: otto milioni di persone si contendono una piana gigante a 2.600 metri. Moderna, affollata, è una distesa di case e grattacieli. AI Museo Fernando Botero si può ammirare una fenomenale raccolta di sculture e quadri dell’artista di Medellín: c’è da perdersi, tra le dimensioni assurde delle sue donne, degli uomini baffuti, dei bambini. Figure dalla fisicità aggressiva, che paiono liberi da vincoli spazio-temporali, ma legati da relazioni infinite. Nel puro stile del realismo magico…

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Fausta Filbier

Fausta Filbier, giornalista professionista e scrittrice, laurea in filosofia e studi in antropologia culturale, storia, geografia e politica internazionale, ha collaborato con alcuni dei più...