Il suo biglietto da visita? Vulcani attivi, grandi ghiacciai, lagune di acque turchesi, fiumi, cascate. Sul’isola si ammirano quelle dinamiche naturali che sono alla base della nostra esistenza. Dove le forze degli elementi si manifestano in maniera eclatante, offrendoci la sensazione di vivere un’esperienza alle origini della Terra.
Testo di Marco Vinci
Quanto un paesaggio può raccontare è sicuramente più di quanto si possa pensare. Saper decifrare le forme del paesaggio, comprendere il perché di un ghiacciaio o le origini di un deserto è solitamente compito di specialisti, che dedicano la loro professione alla comprensione della lenta evoluzione del nostro Pianeta. Le attività vulcaniche, il patrimonio fossilifero, le mutevoli forme della natura, l’interazione tra attività dell’uomo e l’ambiente, sono tematiche di indubbio interesse non solo per gli addetti ai lavori”del mondo scientifico.
A fare da scenario a tali principi esistono luoghi sul nostro Pianeta dove è possibile entrare a diretto contatto con quelle dinamiche naturali, che sono alla base della nostra esistenza. Luoghi estremi, dove le forze degli elementi si manifestano in maniera eclatante, offrendoci la sensazione di vivere un’esperienza alle origini della Terra.
L’Islanda è uno di questi luoghi. Una terra leggendaria per tutti gli appassionati di natura, che offre scenari unici: vulcani attivi, grandi ghiacciai, lagune di acque turchesi, impetuosi fiumi ed imponenti cascate che fanno di questo paese una delle destinazioni al mondo più affascinati in assoluto.
Il territorio islandese è da molti considerato un vero e autentico libro di geologia a cielo aperto, che permette di camminare sulle più giovani rocce del Pianeta, in eterno allontanamento tra loro alla velocità record, per la complessa dinamica della crosta terreste di due millimetri all’anno. Il luogo delle origini dove tutto si genera, dove l’impeto della natura si manifesta in tutta la sua forza plasmando rocce in bizzarre forme, ispirazione per i tanti miti che, ancora oggi, sono un punto fermo per la cultura del popolo islandese.
Gli occhi dei giganti
In Islanda si possono attraversare bianche e candite sommità di ghiacciai, ammirando straripanti fontane di rovente lava, che si libra nell’aria prima di ricadere nelle acque di un limpidissimo lago cristallino. Come anche osservare distese di muschi dall’improbabile colore verde fosforescente, che ammantano le multicolori colline vulcaniche di riolite, una roccia, fragile e tenace al contempo, che genera curiose forme naturali che gli antichi chiamavano “gli occhi dei giganti”.
Pochi lo sanno, ma anche questa giovanissima terra ha un passato estinto, fatto di grandi foreste di alto fusto, dal rigoglioso fogliame, che emergevano tra praterie lussureggianti. Una parentesi, nel ciclo evolutivo del Pianeta, che racconta di condizioni climatiche, ben diverse dalle attuali, in cui si è assistito a un rallentamento delle attività eruttive. Un periodo presumibilmente dominato dalla proliferazione di specie vegetali e animali, che oggi ritroviamo fossilizzate sotto spesse coltri di ceneri laviche.
È sufficiente uscire dall’aeroporto internazionale della capitale per rendersi conto di essere giunti nel Paese dove le forze della natura si manifestano in tutta la loro energia. Il tratto di strada che porta a Reykjavik, sferzato da forti venti corre, sulla sommità di colate laviche – dal caratteristico colore grigio – fratturate in enormi blocchi, e placche generate dal raffreddamento e solidificazione delle lave fuoriuscite da uno dei tanti apparati vulcanici islandesi. L’arrivo nella capitale, dal tipico aspetto di città nordica, cala immediatamente in un clima di grande attesa per ciò che l’Islanda offrirà. Nei locali della città vecchia si possono incontrare viaggiatori, esperti esploratori o ignari curiosi, tutti presi a disegnare rotte su carte stradali. Arrivano da ogni parte del mondo e, da qui, partono alla scoperta del Paese, quel magnifico mondo di Thule, la terra di fuoco e ghiaccio, dove il sole non tramonta mai.