Tradizionali case uigure nella città vecchia di Kashgar
Sono quelle dello Xinjiang, regione cinese del Nordovest, terra degli uiguri, che sono la maggioranza e di fede islamica. Lungo la Via della Seta, da Kashgar a Urumqi, a Turfan. Oggi la cinesizzazione forzata ha trasformato questi antiche città carovaniere. Ma l’antico fascino si respira ancora…
Testo di Nello Del Gatto
Per sua natura, la Cina evoca ricordi e storie millenarie. Ma se c’è un’area cinese che ne è un simbolo, è proprio lo Xinjiang. Regione nordoccidentale cinese a maggioranza islamica, nei secoli, ha visto la presenza di viaggiatori, esploratori, missionari, che si sono scontrati e incontrati con le genti locali, principalmente di etnia musulmana uigura. Oggi, i luoghi che furono siriaci, manichei, che ospitarono mercanti e conquistatori, dove avrebbe vissuto anche il mitologico Prete Gianni, sono sotto stretto controllo cinese. Ma, nonostante la sinizzazione forzata, portata avanti dal governo centrale, conservano ancora parte del fascino di un tempo.
Kashgar, antico crocevia di carovane
Esempio emblematico della Cina moderna, Kashgar è uno straordinario miscuglio di storia e di innovazione, di antico e di moderno. Situata a occidente dello Xinjiang, ai confini con il Pakistan, il Kirghizistan e il Tagikistan, la città nell’antichità fu uno dei più importanti snodi per i commerci. Era, inoltre, una tra le tappe principali che gli antichi mercanti percorrevano lungo la Via della Seta, per portare la seta (ma anche molte altre merci) dalla Cina fino a Roma. A Kashgar, oggi convivono due anime. Quella più commerciale, che in passato ne ha fatto una delle tappe obbligate per i mercanti, permane tuttora, almeno in parte. Nonostante gli incredibili cambiamenti, nella città vecchia, o in quel poco che ne è rimasto, è ancora possibile girare tra le coloratissime bancarelle, che espongono mercanzie di ogni genere. Ci si può soffermare, specie in estate, vicino a uno dei tanti banchi lungo le strette viuzze e addentare una fetta di melone dolcissimo, o recarsi da uno dei numerosi fornai ambulanti che, grazie a piccoli forni portatili, offrono pane caldissimo e profumato. Dalle stradine laterali non è raro udire chiassose contrattazioni sui prezzi delle merci. Il mercato domenicale del bestiame offre, poi, un altro spaccato di vita quotidiana, con le centinaia di animali di ogni tipo, oggetto di contrattazione tra i venditori locali e i compratori che arrivano dai paesi confinanti. Residui di una società antica, di uno stile di vita passato.
Grattacieli e centri commerciali
Ma Kashgar, non è più solo questo. Accanto alle botteghe, alle poche case antiche rimaste, si staglia la città nuova con grattacieli e centri commerciali all’avanguardia. La trasformazione è iniziata nel 2009, quando il governo cinese ha deciso di radere al suolo migliaia di costruzioni antiche, per poi procedere alla graduale ricostruzione. Migliaia di persone sono state cacciate dalle loro case e, dietro pagamento di una somma (spesso esigua) a titolo di risarcimento, riallocate altrove. Il motivo scatenante della decisione del governo, almeno quello ufficiale, è stata la messa in sicurezza di tutta la zona, considerata a forte rischio in caso di terremoti. Molti, hanno invece visto nella decisione di Pechino un’occasione per radere al suolo, insieme alle case, i simboli e le tradizioni uigure, a favore dell’imposizione graduale della cultura cinese Han. Lo Xinjiang, infatti, è una regione particolare della Cina, a statuto autonomo come il Tibet (questo dimostra quanto possa valere in Cina), abitata da una minoranza etnica, quella degli uiguri, ed è tuttora teatro di tensioni dovute a scontri tra la comunità cinese han e la minoranza uigura, che rivendica autonomia di lingua, cultura e tradizioni. A questi, come ai tibetani, non è concesso vivere la loro religiosità e le loro tradizioni, come avere la barba o rispettare il ramadan.
A seguito di questa opera di distruzione-ricostruzione, la old city di Kashgar ha dunque in parte lasciato il passo a nuove costruzioni. Anche i negozi, gestiti un tempo quasi esclusivamente dai locali uiguri, che accoglievano i turisti in abiti tradizionali, sono ora spesso gestiti da cinesi han. Le insegne, una volta scritte solo in uiguro, ora hanno quasi tutte la doppia lingua, uiguro e mandarino. Kashgar, dunque, ha subito inevitabilmente una sorta di cinesizzazione, anche se il governo di Pechino ha utilizzato, nella ricostruzione, numerosi accorgimenti per consentire alla città – almeno nella parte vecchia – di conservare la sua tipicità. Sono quindi stati utilizzati materiali e tecniche, che hanno permesso alla città di conservare in parte le sue caratteristiche. Certo, strade larghe e alberate hanno in alcuni casi preso il posto delle piccole viuzze: laddove, un tempo, giravano solo animali e carretti, ora si vedono taxi e autobus. Ma il sapore della città, gli odori, restano intatti e la rendono, tuttora, una delle destinazioni più interessanti della Cina.
Cieli azzurri e sempre limpidi
Lo Xinjiang è terra di storia, di arte e di grande cultura. Gli uiguri sono persone molto aperte, disponibili e ospitali. La frutta e la verdura, prodotte localmente e senza l’ausilio di prodotti chimici sono particolarmente saporite. Famosi soprattutto i meloni, le angurie, le albicocche e l’uva passa. In alcune situazioni, quasi non sembra di essere in Cina. La differenza, oltre a tutto il resto, la fa anche il cielo. Perchè in altre parti del Paese, anche a causa dell’inquinamento, il cielo è spesso grigio e scuro, mentre nello Xinjiang sono frequenti cieli azzurri e limpidi, che danno al viaggiatore una sensazione di più ampio respiro. Una curiosità: per convenzione, in Cina esiste un unico fuso orario ma, in alcuni periodi dell’anno, come quello invernale, a Kashgar, il sole sorge alle 10.30 del mattino e tramonta solo intorno alle 20. D’estate, l’alba si potrà osservare non prima delle 7.30 e si ha luce fino a tarda sera, anche fino alle 22.30.
Urumqi, la capitale del Nordovest ai margini del Taklimakan
Urumqi o Wulumuqi come è chiamata dai cinesi è, insieme a Kashgar, una delle mete principali dello Xinjiang. La città ha un nome di origine mongola, che richiama alla mente pascoli, oasi e paesaggi naturali. Un tempo, altra tappa fondamentale lungo la Via della Seta, oggi Urumqi è una città moderna, che si affaccia al mondo internazionale, senza però rinnegare il suo passato glorioso. Grattacieli modernissimi (anche se non paragonabili a quelli delle metropoli Shanghai, Pechino e Chongqing) si alternano a segni tangibili del passato. Una piacevole passeggiata per Minzhu Lu o Zhongshan Lu, fulcro della città, permette di assaporare in pieno l’atmosfera di questa città, culla della cultura uigura, e di visitare alcune delle principali moschee, tra cui la Moschea Tartara, che svolge anche il ruolo di madrasa, di scuola coranica.
Dunhuang, le Grotte di Mogao
Dunhuang, significa “faro scintillante”. Ultimo baluardo della Muraglia cinese nella regione del Gansu, proietta in un’altra dimensione. Specialmente se si proviene da Pechino o da Xi’an, arrivati qui, si fa estrema fatica a pensare di essere in Cina. Non lontano da Dunhuang, si trovano le Grotte di Mogao. Un impatto visivo di rara suggestione: 492 templi scavati nella roccia, in una rupe lunga 1600 metri. Capolavoro dell’arte buddhista, le grotte fdal 1987 sono Patrimonio Unesco. La loro costruzione risale al 366 d.C. Nel corso delle varie dinastie, ne sono state aggiunte sempre di nuove, arricchite da statue e dipinti a tema prevalentemente buddhista. Nel 1900 venne poi scoperta dagli archeologi anche una stanza, contenente una collezione di testi sulla storia, la cultura, la politica della Cina, ma anche dell’Asia centrale e meridionale, da cui la definizione di Enciclopedia dell’Umanità.
Turfan, l’oasi, le vestigia di Jiahoe, il Karez
Storia, arte, cultura: Turfan è un’altra tappa obbligata per chi voglia scoprire questa fetta di mondo e conoscere almeno in parte il percorso che gli antichi mercanti facevano lungo la Via della Seta. Tante le cose da fare e da vedere, prima fra tutte, l’antica città di Jiaohe, a pochi chilometri da Turfan, un tempo florida città, poi abbandonata con l’occupazione mongola. Ancora oggi però, è possibile passeggiare per le sue vie, facendo volare la fantasia e ritornando con la mente ai suoi antichi splendori. Ma Turfan è molto conosciuta anche per il Karez, una vera e propria opera di ingegneria idrica, consistente in un sistema di canali sotterranei utilizzati per irrigare la città. Infine, lo splendido minareto di Emin, dal diametro di 14 metri alla base, che si assottiglia via via fino ad arrivare a poco meno di tre metri sulla cima. L’esterno è di mattoni gialli cotti al sole, decorati con motivi floreali e geometrici, in una interessante commistione di elementi islamici e cinesi.