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Sono quelli con le sule dai piedi azzurri, sule dai piedi rossi, otarie, albatros, cormorani, fregate, pinguini, iguane terrestri, iguane marine, tartarughe giganti. Sulle Islas Encantadas il contatto con gli animali è strettissimo. Anche quello con un minuscolo fringuello dal becco molto corto che, per procurarsi il cibo, utilizza una spina di cactus.

 

Perdute tra le onde dell’oceano Pacifico, ultimo asilo per centinaia di specie animali, le Galapagos sembrano sorgere e scomparire dietro il velo bianco-argento della garua,  la fine nebbiolina mista a una sottile pioggerella, che le avvolge da giugno a dicembre. Forse è a causa di questo suggestivo effetto visivo, che furono chiamate Islas Encantadas, isole incantate, dai primi navigatori e dai pirati che ne avevano fatto una sorta di base per i galeoni carichi di oro e di spezie, diretti in Spagna.

Nei miei innumerevoli viaggi alle Galapagos con un volo dalla città di Quito, capitale dell’Ecuador, atterravo all’aeroporto di Baltra, la base utilizzata dagli statutitensi durante la Seconda Guerra Mondiale. Una piccola imbarcazione mi conduceva attraverso il canale di Itabaca all’isola principale, Santa Cruz. Salivo su un bizzarro minibus tutto dipinto, senza parabrezza e senza vetri, e raggiungevo Puerto Ayora, capoluogo dell’isola, punto di partenza per le crociere nell’arcipelago.

I circa 30 chilometri che occorrono per raggiungere Puerto Ayora si snodano in un ambiente suggestivo, caratterizzato da una folta vegetazione e da crateri vulcanici. Arrivati sulla parte più alta dell’isola, immersi in una natura tropicale, si discende gradatamente sino al villaggio e alle rocce della baia dove si infrangono le onde del Pacifico. Qui, era ormeggiata l’imbarcazione con la quale navigavo verso le diverse isole. Si chiamava San Antonio ed era un folcloristico peschereccio adattato al trasporto dei turisti. Il suo capitano, Carlos Hurtado, mi spiegava che la sua barca era quanto di meglio fosse possibile trovare alle Galapagos. In realtà, era poco più di una carretta, ma il mio entusiasmo era tale che contavo i minuti mancanti alla levata dell’ancora.

Un paradiso naturalistico

Camminando sul suolo lavico incontravo sule dai piedi azzurri, sule dai piedi rossi, otarie, albatros, cormorani, fregate, pinguini, iguane terrestri, iguane marine e le celebri tartarughe giganti. La cosa più singolare ed entusiasmante, che accade durante un viaggio in queste terre, è la facilità con cui si possono avvicinare gli animali. Abituati da lungo tempo alla presenza pacifica dell’uomo, quasi si lasciano accarezzare. Mi è accaduto una volta di camminare per alcuni minuti, nella parte alta di Santa Cruz, con un passero rosso tranquillamente posato sulla testa. Le isole Galapagos sono un laboratorio scientifico naturale di straordinaria importanza: è qui che il naturalista inglese Charles Darwina a metà del Diciannovesimo Secolo ricavò gli spunti per l’elaborazione della sua teoria sull’evoluzione della specie. A bordo del brigantino Beagle, lo scienziato visitò le varie isole, osservando minuziosamente ogni dettaglio. Hendrik N. Hoeck, che fu direttore della Stazione Darwin, scrisse: “Le quindici sottospecie di tartarughe mostrano a loro volta una differenza morfologica. Ciascuna sottospecie, esistente in ciascuno dei quindici vulcani, varia nella forma del guscio. Il tipo a sella si incontra nelle tartarughe con un guscio elevato nella parte anteriore, dal collo e zampe lunghe. Queste tartarughe abitano nelle isole aride, dove la vegetazione è caratterizzata dai cactus. Con il collo e le zampe allungate queste tartarughe possono raggiungere le foglie degli arbusti. Al contrario, le tartarughe con il guscio chiuso, tipo cupola, hanno il collo e le zampe corte. Queste abitano nelle regioni umide dei vulcani, dove c’è una vegetazione folta con erbe abbondanti. Le Galapagos sono, per questo motivo, un luogo straordinario dove si può osservare come: …una specie si è raccolta e modificata per differenti fini  (Charles Darwin)”.

La colonizzazione delle isole oceaniche da parte di organismi viventi è resa difficile dalla barriera quasi insormontabile del mare, ma vi sono tante e tali variabili da renderla possibile. Nel 1883 a Krakatoa, piccola isola a est di Giava, nell’Oceano Indiano, vi fu un’eruzione che distrusse tutti gli organismi viventi. Trent’anni dopo, si erano già insediate undici specie di felci e, dopo cinquant’anni, si era formato un bosco con 720 specie di insetti, rettili, uccelli e perfino qualche mammifero. L’isola offrì una sorta di paradigma sul processo di colonizzazione degli organismi. Certo, a Krakatoa ciò avvenne molto più rapidamente, perché l’isola dista pochi chilometri dalle altre terre dell’arcipelago indonesiano. Alle Galapagos occorse molto più tempo: uccelli e insetti tentarono l’approdo per via aerea; lumache terrestri, tartarughe e iguane furono trasportati su cespugli o tronchi trascinati dalle correnti; otarie, foche e pinguini raggiunsero le isole a nuoto. I sopravvissuti si adattarono, modificandosi anche morfologicamente alle nuove condizioni e diventando quindi specie endemiche. Fra i tanti esempi a sostegno delle sue tesi, Darwin citò il suo studio sui fringuelli. Alcuni hanno un becco molto grande e forte, tale da riuscire a rompere i semi che trovano sul terreno. Altri, che hanno invece un becco largo e sottile, non idoneo ad aprire i semi, ma più adatto a cercare il proprio alimento tra i fiori e i frutti dei fichi d’India. Vi è poi ancora un altro fringuello, con becco e lingua molto corti, che ha difficoltà a estrarre larve e insetti dalla corteccia dei cactus, ma ha escogitato un sistema molto ingegnoso: trattiene nel becco una lunga spina di cactus, che utilizza come una specie di punteruolo.

 

Quando nascono i vulcani

Le isole rappresentano anche uno straordinario osservatorio per lo studio dei vulcani. In uno dei miei viaggi, ho avuto la fortuna di osservare, una notte, la nascita di un nuovo isolotto non lontano dall’isola di Fernandina. Il buio fu squarciato all’improvviso da un getto di lapilli incandescenti che, dopo essere saliti verso il cielo, ricaddero sulla superficie dell’oceano. Qualche giorno dopo, comparve una formazione lavica con una piccola bocca vulcanica: ancora una volta dalle profondità dell’Oceano Pacifico le Galapagos davano segni di vita. Osservando l’estrema diversità della fauna e della flora, mi colpì in modo particolare la presenza di pinguini e otarie. Mi chiedevo come fosse possibile che, in quei luoghi sulla linea dell’Equatore, vivessero animali normalmente presenti solo nelle regioni antartiche. Ciò si spiega però con l’alternarsi delle correnti, che influenzano in modo determinante il clima. Ci si aspetterebbe infatti, temperature tropicali, data la posizione geografica, ma la corrente fredda di Humboldt, costeggiando tutto il continente americano da sudest, raffredda le acque nei mesi che vanno da giugno a dicembre, portando venti e nebbie, mentre la corrente calda del Niño, che origina dal golfo del Messico, arriva a lambire verso sud la costa sudamericana sino al Perù, prendendo il sopravvento nei mesi compresi tra dicembre e giugno. Nell’isola di Bartolomé ho nuotato con le otarie così da vicino da poterle sfiorare.

Il regolamento del Parco Nazionale delle isole Galapagos è comunque sempre molto attento al comportamento di chi visita questi paradisi naturali: il loro equilibrio, infatti, è così delicato e fragile, che qualsiasi condotta umana non consapevole potrebbe alterarne la complessa struttura. L’amico Victor, preparatissima guida naturalista del parco, mi spiegava che il semplice fatto di uscire dai sentieri tracciati poteva comportare conseguenze. Tanto che, una semplice pressione esercitata dal nostro peso sul suolo, a volte di lava polverizzata, poteva pregiudicare la nascita di una piantina che, pochi centimetri più in basso, tentava di emergere per andare incontro alla luce.

Due rettili attirano particolarmente l’attenzione dei turisti: le iguane marine e le iguane terrestri. Queste ultime ricordano dei piccoli dinosauri: in realtà sono animali timidi e non aggressivi, che a volte si avvicinano all’uomo e prendono direttamente dalle sue mani un fico d’India.

 

Un universo di mille visioni

Alle Galapagos sono ritornato ventisette volte e sempre sono rimasto stupito e soggiogato da mille visioni. Dalla cima del vulcano Alcedo nell’isola di Isabela, la più grande di tutte, mi è stato possibile abbracciare con lo sguardo quasi tutto l’arcipelago formato da 13 isole maggiori e una quarantina di isolotti, la cui origine – geologicamente recente – risalirebbe a circa quattro milioni di anni fa. Con emozione, ho spesso immaginato il ribollire dell’oceano e l’uscita come per incanto dalle sue acque di coni vulcanici. Le colate di lava, nel processo di raffreddamento, hanno creato una straordinaria scenografia fatta di intrecci di cordoni con varianti di colore dal nero al nero-azzurro, che ricordano il colore dell’acciaio. In quel momento mi veniva in mente un libro che mi ha sempre affascinato: Viaggio al centro della Terra di Jules Verne. Lavorando da tanto tempo nell’organizzazione di viaggi, mi sono spesso chiesto quali siano le sensazioni, le esperienze e i ricordi che un turista trae da un viaggio, per far sì che diventi veramente un momento importante di conoscenza e di crescita personale. E sono le Islas Encantadas che mi hanno offerto lo spunto maggiore di riflessione. Questo ambiente così primordiale mi ha consentito di comprendere l’importanza della natura e la nostra responsabilità nel preservarla e difenderla. Su questa Terra noi siamo presenti per una breve passeggiata. Milioni di uomini prima di noi e miliardi dopo di noi hanno abitato e abiteranno il nostro Pianeta, ed è nostro dovere rispettare ciò che è appartenuto al passato e che tramanderemo al futuro. Se da ogni nostro viaggio ritorneremo più sensibili e consapevoli della ricchezza e della bellezza del nostro pianeta, ecco che il viaggio avrà assolto alla sua funzione più grande.

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Willy Fassio

Willy Fassio, fondatore de Il Tucano Viaggi Ricerca. La sua storia inizia proprio sull’Orinoco. Da questa passione per l’America Latina nascono i suoi viaggi culturali in Sud e Centro America.