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Ci passava la Via della Seta e ci scorre il fiume più lungo dell’Asia Centrale, l’Amu Darya. Che ha permesso ai suoi antichi abitanti di domare il deserto, costruire oasi e una sofisticata rete di fortezze di fango. Qui, per secoli, l’universo nomade si è incontrato e scontrato con le civiltà sedentarie. E qui, sarebbe nato Zarathustra…

 

Testo di Fabrizio Vielmini

 

Muovendosi dal Caspio verso il cuore dell’Asia centrale, la monotonia primordiale dei vasti deserti del Karakum e del Kyzylkum è interrotta dai campi e dalle oasi dell’antica Corasmia. Oggi, questa regione è parte dell’Uzbekistan (suddivisa fra la Repubblica autonoma del Karakalpakstan e la regione del Khorazm). Ieri, era uno dei principali poli dello sviluppo storico e perno della Grande Via della Seta. Qui, scorre l’Amu Darya, l’Oxus dei latini, il fiume più lungo dell’Asia Centrale (2.650 km), le cui acque sin dalla preistoria hanno permesso ai suoi abitanti di domare il deserto e dar vita a un’elaborata “civiltà idraulica”. A differenza della città di Khiva, ormai celebre e patrimonio Unesco, le ricchezze culturali di questa antica civiltà rimangono in larga misura inesplorate e fuori dai circuiti turistici classici.

Nomadi o sedentari?

A metà del primo millennio a.C., Dario I annesse la regione facendone una satrapia dell’Impero achemenide di Persia. Nei successivi duemila e cinquecento anni, continuò a esistere come un’entità geopolitica distinta e ben strutturata i cui sovrani, anche quando vassalli di altri imperi, si fregiavano del titolo di Khorezmshah. Durante questi secoli, quale centro più isolato del mondo sedentario centrasiatico, la Corasmia è vissuta come una sorta di “isola agricola”, collocata nel mezzo dei vasti spazi dominati dai cavalieri delle steppe (dapprima Sciti e Sarmati indoeuropei, più tardi Turchi e Mongoli). In quanto tale, sin dal primo millennio a.C., la regione ha incarnato una delle tensioni fondamentali della storia eurasiatica: quella tra il mondo sedentario agricolo, stabile, costruttore e quello nomade, dedito all’allevamento e alla guerra di razzia. Radicalmente differenti, seppur interconnessi.

L’epica persiana – codificata dal poeta Firdusi nel X secolo nello Shāhnāmeh (Il Libro dei Re) – espresse l’apprensione secolare di contadini e cittadini, che vivevano con il timore di vedere riversare orde di cavalieri sulle loro case e campi. All’Iran sedentario viene così contrapposto il Turan nomade, un mondo minaccioso, descritto come l’incarnazione del male, in un’eco dei popoli di Gog e Magog riportati nella Bibbia.

Con il passare dei secoli e delle migrazioni dall’Asia orientale, che portarono alla sostituzione etnica dai nomadi indoeuropei con quelli di ceppo turco, il Turan divenne Turkestan, la Terra dei Turchi, una delle denominazioni storiche dell’Asia centrale. Data questa pressione secolare, la difesa è sempre stata una priorità degli abitanti della Corasmia. Gli archeologi hanno rinvenuto insediamenti fortificati di tipo cittadino, databili già da prima del periodo achemenide. Sotto quest’impero il nord della regione venne dotato di un elaborato sistema di sofisticate fortificazioni militari a guardia del limes settentrionale. Sparse nel deserto del Kyzylkum, sono conosciute con il nome di Cinquanta Fortezze (Elliq Qala in uzbeko e karakalpako). La visita di questi luoghi è un’esperienza che muove profonde emozioni. Nonostante quasi duemila anni di erosione da parte delle piogge e dei venti invernali, molto della struttura architettonica in mattoni di fango di questi grandi insediamenti fortificati ha resistito nel tempo. Si possono oggi visitare liberamente e, spesso senza incontrare nessuno, esplorare per ore nel silenzio del deserto. I siti più spettacolari sono Toprak Kala (17 ettari di superficie) e Kyzyl Kala, a nord di Biruniy nel Karakalpakstan meridionale, e il complesso di fortezze di Ayaz Kala, nel distretto di Ellikkala. L’Unesco ha inserito queste opere nella lista provvisoria per lo status di Patrimonio dell’Umanità quali Castelli del Deserto dell’Antica Corasmia.

Torri del Silenzio nella terra di Zarathustra

La storia antica della civiltà corasmiana, sin da prima dell’impero achemenide e fino al secondo millennio d.C., racconta dell’adesione dei suoi abitanti al mazdeismo, la più antica religione monoteista al mondo. Il fondatore, il profeta Zarathustra (o Zoroastro), potrebbe essere nato qui, dove secondo la tradizione raggiunse la rivelazione del Dio Aura Mazda, il Saggio Signore, bagnandosi nelle acque dell’Amu Darya.Straordinaria testimonianza di questa pagina di storia centrasiatica rimane nel sito di Chlipik, la Torre del Silenzio, a due ore di macchina dall’aeroporto di Urgench. Si tratta di una Dakhma (seppellire, dalla radice indoeuropea), una piattaforma costruita per le pratiche funerarie mazdeiste.

Secondo tale religione, le salme non possono essere né sepolte né incenerite, poiché la parte molle del corpo è impura, mentre sia la terra che l’aria sono sacri ad Aura Mazda. I corpi dei defunti dovevano quindi essere lasciati esposti al sole, per esserne spogliati della carne dagli agenti atmosferici e dagli uccelli predatori, mentre le loro anime reintegravano la natura. Solo dopo di ciò, le ossa potevano essere raccolte e tumulate. La Dakhma di Chilpik sfrutta un promontorio naturale per ergersi imponente come un monolite nel deserto, visibile da chilometri di distanza, a ridosso del corso dell’Amu Darya. Questa sua posizione strategica ha fatto sì che il sito venisse anch’esso utilizzato quale postazione di difesa contro i raid nomadi da nord.

Visitando Chilpik si può anche provare una delle usanze più diffuse in tutta la regione: legare un lembo di stoffa intorno a un arbusto, come gesto portafortuna. Si tratta di un ulteriore riflesso dell’eredità zoroastriana, secondo cui gli alberi sono considerati espressione della forza divina intrisa nella natura. Anche nello sciamanesimo nomadico la vegetazione può essere ricettacolo di spiriti o entità sovrannaturali. In tale contesto, lasciare un brandello dei propri indumenti sui rami diviene un atto simbolico per invocare la protezione degli spiriti del luogo o ringraziare per una benedizione ricevuta.

La specificità delle pratiche funerarie locali giustifica anche una visita alla necropoli di Mizdakhan, 70 chilometri più a nordovest di Chilpik. Si tratta di un luogo intriso di misticismo e segreti (si dice che qui sia la tomba del primo uomo, Adamo), dove i riferimenti mazdeisti sono stati sommersi da quelli islamici, di cui restano molte opere del periodo medievale. In primo luogo, il Mausoleo restaurato di Mazlum Khan Sulu, risalente al XIV secolo, edificio di culto a più cupole, con una vasta cripta sotterranea a pianta cruciforme e pareti a mosaico. Non meno singolare, il mausoleo del mistico sufi Shamun Nabi, che cela un inverosimile sarcofago lungo ben 25 metri. Queste imponenti strutture sono luoghi ideali per trovare refrigerio anche quando fuori le temperature si avvicinano ai 50 gradi. La genesi di questo tipo di architettura è associata alle più antiche strutture funerarie con tetto a tenda, identificate sin dall’antichità fra i nomadi del Mar d’Aral meridionale.

Una dimensione parallela: il Mare perduto d’Aral

Da Nukus, il viaggio attraverso la regione prosegue verso gli spazi di quello che fino a cinquant’anni fa era il quarto lago più grande al mondo: il Mare d’Aral. Pur partendo da cambiamenti idro-ecologici costanti nell’evoluzione della regione attraverso i secoli, l’uso intensivo e irrazionale delle risorse idriche dell’Amu Darya ha portato, a partire dagli Anni Settanta del secolo scorso, al rapido prosciugamento del lago, causando uno dei più grandi disastri ambientali dell’epoca contemporanea.

La città di Muynak, oggi desolata nel nulla, era un tempo un porto di pescatori di grande importanza, come illustra, anche con strumenti audiovisivi, il locale museo storico. Fuori dal museo, si può passeggiare nel cimitero delle navi, su quello che era un tempo un fondale marino. Si tratta di un luogo altamente iconografico costellato dai relitti metallici delle navi arenate fra le sabbie.

Da Muynak si prosegue in 4×4 lungo gli ex fondali incontrando paesaggi lunari, inframmezzati da numerosi laghetti residui. Durante questo itinerario in un’altra dimensione, si può anche visitare il famigerato complesso militare sovietico Aralsk 7 su quella che era un tempo l’isola Vozrozhdeniya (in russo, della Resurrezione), importante centro per la sperimentazione di armi chimiche e biologiche, a suoi tempi uno dei luoghi più proibiti all’occhio degli stranieri di tutta l’Unione Sovietica. Lungo il tragitto, s’incontrano stormi di uccelli migratori, con oltre 230 specie ornitologiche avvistate.

Qui, l’ecoturismo si sta sviluppando rapidamente, anche come mezzo di supporto alla popolazione locale, rimasta a vivere in questo fragile ecosistema. Una sfida ulteriore, sono i progetti di sfruttamento gasifero e minerario di cui l’ex-Aral e il deserto attiguo del Kyzyl Kum sono ricchi. Per prevenire nuovi danni, le autorità hanno creato il Parco naturale nazionale di Aralkum e organizzano anche eventi alternativi, come l’annuale festival di musica elettronica, Stikhia.

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Fabrizio Vielmini

Fabrizio Vielmini è esperto di Russia, Caucaso e Asia centrale, regioni in cui ha vissuto permanentemente fra il 2002 ed il 2021, lavorando in missioni internazionali per il Ministero degli Esteri....