Non è un mistero che chi parla dell’Iran, oggi, si riferisca di solito alle istituzioni: commentando le notizie di politica estera, sottolineando l’asimmetria tra sfera civile e confessionale, esprimendo insofferenza per le storture legislative più evidenti. Ma a rappresentare l’Iran è davvero questo status di Repubblica islamica, acquisito relativamente da poco e a prezzo di profonde divisioni, oppure è la sua anima più screziata e contraddittoria, capace di immergere la tradizione in una vivida sensibilità del presente, come testimoniato sia dal suo cinema che dalla letteratura?
È questa la domanda preliminare da porsi prima di ogni discorso su un Paese tanto complesso, cristallizzato in geometrie talvolta appuntite e che si sono modellate sul giacobinismo intrinseco a ogni rivoluzione, compresa quella islamica del 1979.

Città santa di Qom, mausoleo della sorella dell’imam Reza. Foto di Marco Patrioli.
Un viaggio nella Persia storica, certamente già islamica durante gli splendori safavidi, ma anche achemenide e zoroastriana da molto prima, per secoli modello di civiltà, è come un prisma attraverso il quale leggere anche l’Iran attuale nella maniera più autentica e onesta, senza affondare nelle pastoie del pregiudizio. Perché un’oscillazione interna si rende necessaria, affrontando una cultura e un modello civile tanto diverso. E perché per rispondere alla domanda di apertura, il vero problema di chi pensa ad andare in Iran è inscritto nella sua stessa formulazione: nel pensare. Quando invece le cose più importanti nella vita di una persona vanno prima fatte, e solo dopo pensate. Andare in Iran afferisce a questa specie.
Cosa fare dunque, e soprattutto cosa non fare, per conoscere e capire la Persia senza dissipare la freschezza vitale della sorpresa, ma anche senza lasciarsi trovare impreparati? Qualche traccia possiamo provare a darla noi, prendeteli dunque come appunti di viaggio in ordine sparso.

Iran. Foto di Marco Patrioli
Dovete sentirvi ospiti, in tutte le sue accezioni, incluso il senso del rispetto e soprattutto quello della protezione. In Iran gli stranieri godono di totale libertà, e non devono adempiere a obblighi particolari, se non l’uso dell’hijab per le donne e quello di pantaloni lunghi per gli uomini. Per il resto sarete liberi di cantare a squarciagola sotto la doccia, saltellare in ogni piazza e contrattare all’ultimo sangue al bazar.
Non bisogna chiedere, specialmente a un nuovo amico conosciuto on the road (e in Iran capita continuamente) se gli uomini lì possono davvero avere più mogli. La risposta sarà sempre la stessa: non siamo arabi, e una moglie è già abbastanza.
Dovete sapere, questo sì in anticipo, che tra tutte le città che avrai calpestato, Esfahan diventerà quella che ti ha saputo regalare la più florida quanto immaginaria altra vita da fotografo raffinato.
Non bisogna pensare che in Iran una moralità castigata e censoria prevalga su tutto: al di là della vicenda dei pannelli alzati a coprire le pudenda delle statue durante la visita di Rouhani in Italia, c’è da dire che in Iran si possono trovare nudità tali e quali a quelle ospitate in Campidoglio. Ad esempio nei magnifici giardini di Fin, a Kashan, sulle maioliche del soffitto si possono ammirare ninfe a seno nudo, e nessun solerte sciita ha mai pensato di pennellarci sopra le guepiere.

Ponte Sio o se Pol, o Ponte dei 33 archi a Esfahan. Foto di Marco Patrioli
Non dovete circoscrivere l’Iran entro i confini della sola cultura musulmana: immaginate invece l’Islam come un corso d’acqua cui abbeverarsi durante il viaggio, usatelo per risalire secoli di storia e dissetarvi, e soprattutto percorrete in lungo e largo le anse che concede, al cui interno troverete anche la Persia più inaspettata: talvolta così vera da sembrare immobilizzata nel tempo – come nel suggestivo mausoleo di Hafez dove ci si ferma a recitare i suoi versi e indovinare il proprio futuro – talvolta così disinvolta da sembrare quasi occidentale – come nella tentacolare Teheran, dove le vibrazioni della modernità sovrastano persino l’austerità teocratica.
Bisogna imparare a vedere una chiesa islamica, una moschea, non solo come un luogo di culto, ma come un centro polivalente al servizio della comunità. Solo così potrete comprendere l’importanza della moschea del venerdì (quella principale in ogni città): qui la comunità si raduna per valutare insieme questioni sociali, culturali, politiche. E anche per pregare.
Non bisogna attraversare le strade pensando che le strisce sull’asfalto possano essere di qualche aiuto. Sono al massimo un suggerimento, per il resto rimane un balletto tra auto e motocicli, che sempre rispetteranno il codice, ma non quello della strada, quanto questo specifico dell’attraversamento stradale.

Vista dai tetti di Yazd. Foto di Marco Patrioli
Non dovete lamentarvi per l’assenza di coltelli sulle tavole. In Iran la carne, specie il kebab (che non è come quello turco, ma carne macinata di forma allungata), viene servito già con delle piccole cavità, in cui basta affondare la forchetta per tagliare senza troppo sforzo. E visto che ci siamo, dovete abituarvi a mangiare tanto tanto riso (si chiama berénj e non è cotto come il nostro, ma molto più croccante grazie a una laboriosa preparazione): insieme agli stufati khoresh o a una deliziosa salsa di melograna, sarà comunque delizioso.
Dovete bere birra analcolica per dieci giorni e ripetervi che in fondo è la stessa cosa. Non funzionerà comunque, ma almeno ci avrete provato.
Non dovete andarvene senza pagare niente, quando in risposta alla domanda “quanto?”, vi verrà risposto niente. Che lo faccia un tassista o un mercante del bazar, sappiate che è una formula di rito, come tante altre, e tutte fanno parte del ta‘arof (in persiano تعارف) . Si tratta di norme non scritte che, nella cultura iraniana, pertengono ai rapporti fra persone. Un complesso apparato di saluti e congedi, espressioni e codici per ogni occasione, che va a coprire ogni possibile interazione del vivere quotidiano.
Dovete imparare a usare i bellissimi tappeti persiani come una mappa: oltre che per distinguere la provenienza di centinaia di migliaia di nodi pazientemente lavorati nel corso di anni, anche per riconoscere a seconda delle geometrie lo stile e la direttrice culturale.
Non dovete bere caffé, o almeno non dovete berlo con una qualche aspettativa. In Iran si beve il tè, che più spesso è di importazione nonostante ce ne sia di ottimo locale.

Foto di Marco Patrioli
Dovete passare da Yazd: e su questo non sono ammesse deroghe. In un viaggio in Iran Yazd è di sicuro non la città più bella ma quella più segreta, capace di incarnare i tre precetti zoroastriani: pensiero buono, parola buona, azione buona. Perché questa città è come un compendio, ancora vivo e pulsante, di zoroastrismo. Non mancate di fermarvi a dormire o anche solo a mangiare in uno dei caravanserragli rielaborati con gusto ma ancora colmi di deserto e viandanti.
Non dovete incatenare le emozioni a un senso del dovere monumentale, o museale. Lasciate srotolare il vostro viaggio come un nastro che sceglie da sé le pieghe con cui cade: sotto le volte del ponte Khajou a Esfahan, vi sorprenderete ad ascoltare giovani anziani e perdigiorno cantare senza sosta, sui tetti di Yazd aspetterete il tramonto davanti a un orizzonte riempito dalle torri del vento, all’interno della moschea Lotfollah a Esfahan fisserete immobili per lunghissimi minuti la coda del pavone creata e arabescata dalla luce che filtra, nel mausoleo Shāh Cerāgh di Shiraz aspetterete seduti nel cortile circondato da una moltitudine in perenne movimento, la brezza della sera che si incunea tra le pareti ancora arroventate e vi spinge il calore addosso.

Piazza dell’Imam. Foto di Marco Patrioli
Non dovete confondere l’islam sciita con quello sunnita, perché sono oltre che due universi teologici ben separati, anche due mondi a parte. E dovete ricordare che solitamente le moschee sciite hanno due minareti, quelle sunnite uno.
Dovete smetterla di fare domande pruriginose sul matrimonio a tempo. Per quanto il “sigheh”, come si chiama in farsi il matrimonio a tempo, si presti sia alle nostre battute sia gli aneddoti più disparati, in realtà il matrimonio a tempo è oltre che poco praticato anche oggetto di dibattito e critiche interne. Se per alcuni vuole sancire i diritti sessuali delle donne, e tutelarle, per altri è invece stato pensato per legittimare i desideri extra coniugali degli uomini configurandosi come ulteriore tassello all’economia del piacere
Non dovete sospendere le vostre facoltà critiche per amare un Paese tanto cocciutamente legato alle sue ragioni: dovete solo calibrarle. Se per esempio vi viene detto correttamente che è il Parlamento (eletto dal popolo) a legiferare, potete obiettare che la guida suprema, l’ayatollah, e il consiglio dei Guardiani hanno facoltà illimitata di porre il veto. Se giustamente viene ribadito che in Iran sono professate liberamente le religioni cattolica, ebraica, ortodossa, zoroastriana e buddista, potete molto pacatamente chiedere ragioni del totale mancato riconoscimento di Israele. Non ci sono preclusioni per gli iraniani a parlare del loro Paese: ma vale la regola generale che è sempre meglio conoscere la persona con cui ci si confida.
Dovete sapere che in quanto occidentali sarete una mezza celebrità, soprattutto fuori da Teheran. Abituatevi ai saluti casuali, e ai calorosi inviti: se poi capita di condividere un picnic sul prato, tanto meglio. Il viaggio più vero inizia da qui.

L’interno di un Café, in Iran. Foto di Marco Patrioli
In apertura Moschea di Nasir ol Molk, spesso anche nota come moschea rosa, a Shiraz, Iran. Foto di Marco Patrioli.