State guardando una ragazza con una gonnellina a pieghe da studentessa e una spada in mano, ha i capelli azzurri gonfi come un cuscino ed è appoggiata a un grosso coniglio giallo dall’aria un po’ arrabbiata. Insieme stanno su una coloratissima torta di gomma con praline e cioccolatini grandi come palloni da calcio. Bene, i casi sono due: o avete assunto strane sostanze, oppure siete a Tokyo. Probabilmente vi trovate in un Kawaii Cafè di Harajuku, il quartiere più pop della metropoli, dove ragazze e ragazzi si divertono a mixare mode o a indossare un cosplay, cioè a travestirsi da personaggio di un fumetto (manga) o di un cartone animato (anime). Girando nella capitale giapponese vi accorgerete che manga e anime non sono “cose da bambini” bensì per tutti e dappertutto: nei cartelloni pubblicitari di molti prodotti, nei pannelli elettronici sugli edifici, nei tutorial su internet, in tante forme di arte e spettacolo, fino a… Beh, pochi anni fa ho trovato un orsacchiotto di peluche alto due metri, riproduzione di un noto fumetto, in un luogo serioso come la Borsa di Tokyo. Sì, anche un battagliero broker di Borsa può avere bisogno di abbracciare un tenero antistress di peluche…

Cosplay by Aung Khant Maung
Con i manga e gli anime i giapponesi si rilassano, sognano, si identificano pure, perché vi ritrovano sintetizzati i segni grafici del proprio passato e i valori spirituali della propria tradizione. La parola manga si diffonde dal 1814 per indicare alcune raccolte di “schizzi sparsi” di Hokusai, il grande artista delle Trentasei vedute del Monte Fuji fra cui la Grande Onda, così famosa da essere diventata oggi un emoji nei nostri smartphone. Quanto al valore artistico di certi anime, basta pensare a un cineasta odierno come Miyazaki (vincitore fra l’altro di due Oscar) che ha arricchito i propri film d’animazione con molti riferimenti alle tradizioni dello Shintoismo, l’antica religione giapponese basata sulla sacralità della natura. In passato i capolavori d’animazione realizzati da Miyazaki sono stati distribuiti con successo anche nei cinema italiani; ricordiamo La Principessa Mononoke, Il Castello Errante di Howl, La Città Incantata. In tempi più recenti, la produzione autoriale dei manga per adulti è stata celebrata in un graphic novel di grande eleganza: Quaderni giapponesi. Moga, Mobo, Mostri (Oblomov Edizioni, 2020). Un volume scritto e disegnato da un raffinato fumettista italiano, Igort.

Moga Mobo Mostri by Igort
Ma attenzione, in Giappone non si tratta di un fenomeno elitario: manga e anime vendono moltissimo, sono una industria enorme come dimostrano i centri commerciali di Tokyo dedicati alla pop culture, il Broadway nella zona di Nakano o gli Animate nella zona di Akihabara. Dato però che manga e anime sono anche arte, è naturale che in Giappone siano loro dedicati dei musei. Come il Museo Ghibli nella zona di Mitaka a Tokyo, o il Museo Internazionale del Manga a Kyoto. Il fatto che Kyoto – capitale culturale per mille anni – ospiti un museo del fumetto è significativo. Nella società giapponese modernità e tradizione sono inestricabilmente legate. Chi ha visto le Olimpiadi di Tokyo avrà sentito nominare Odaiba, l’isola artificiale al centro della baia di Tokyo dove si sono svolte tante gare. A Odaiba c’è anche una statua alta venti metri che rappresenta un robot protagonista di un anime trasmesso dalle tv di tutto il mondo: Gundam. Molte cose legano Gundam alla filosofia zen dei samurai. Ne parleremo quando saremo a Odaiba. Sayonara.
Foto di copertina: Bruce Tang