È il più grande supermercato vudù del mondo. Dove si trovano tutti gli ingredienti per creare pozioni, unguenti, talismani. Animali interi, parti, ossa o pelli: tutto questo bestiario essiccato diventa feticcio, ovvero la preziosa materia prima per i rituali di questa antica religione
Testo di Fausta Filbier
Il suo nome è Akodessewa. È un piccolo sobborgo di Lomè, la capitale del Togo. Qui, racchiuse in un enorme spazio polveroso, si trovano decine e decine di bancarelle. In vendita, soprattutto animali essiccati di ogni tipo, che vengono poi tritati per fare unguenti, o pozioni da bere con alcol o miele. Animali interi, parti, ossa o pelli: dai piccoli uccelli agli insetti, dai roditori ai rettili, dai primati fino ai grandi mammiferi: elefanti, ippopotami, ghepardi, leoni. In una parola, tutto questo bestiario diventa feticcio, ovvero la preziosa materia prima dei rituali vudù.
I compratori? Sono i “pazienti” degli sciamani (i féticheur, come li chiamano da queste parti), che al mercato possono trovare tutto ciò serva alla buona riuscita del rito. Ed è così che, attraverso i feticci, investiti di sacralità, il credente cerca di assicurarsi la protezione dello spirito che vi risiede, per indurlo a eseguire un determinato compito. Ma, perché funzioni, è necessario donargli il soffio vitale tramite un rito di consacrazione, che può essere eseguito cospargendolo di sostanze apposite, recitando preghiere, offrendo sacrifici. I feticci vengono poi impreziositi da conchiglie, unghie, vernici, stoffe, piume, pellicce, erbe.
Appuntamento con il féticheur
L’atmosfera è assolutamente africana: ritmi lenti, nessuna fretta. Ai lati del mercato, le baracche dove gli stregoni compiono i loro rituali. Affissi sulle pareti, numeri di telefono e indirizzi mail. La procedura è semplice: si fissa un appuntamento al mercato con il féticheur per un rituale, lui dice cosa serve per realizzarlo, si compra l’occorrente, poi si va nella baracca per realizzarlo. Attenzione però, a non credere ci si possa improvvisare stregoni. Solo chi conosce bene la medicina tradizionale può farne uso. E non è certo una conoscenza da poco, ma una vera e propria arte che si tramanda di padre in figlio. Ci vogliono anni di esperienza e studio per apprenderla.
A noi occidentali può sembrare tutto un po’ strano: qualcosa che attiene al folklore, alla superstizione o, peggio, alla magia nera. Del vudù abbiamo spesso un’immagine distorta. In realtà, è tutt’altro: vudù significa spirito o divinità, o anche “segno del profondo”. Oggi, il termine si riferisce alla religione che ne prende il nome – l’animismo – una delle più antiche al mondo. I suoi rituali non sono soltanto simbolici. La componente materica è fortissima, e si contamina continuamente con il vissuto quotidiano. Ne esistono di molti tipi, e sono tutti con effetti benefici. Fortuna economica, salute, prosperità, fecondità, amore, protezione dalle sventure. Se ne fanno moltissimi per avere dei gemelli: in questa parte di Africa sono segno di buon auspicio. I riti vudù non nascono per lanciare malefici o per fare del male al prossimo. Certo, sarebbe possibile – le conoscenze che accomunano le due tipologie di rito sono le stesse – ma se un féticheur osasse fare del male a qualcuno, verrebbe cacciato dalla comunità e spogliato della propria credibilità, della reputazione e di ogni mezzo di sostentamento.
Le bambole con gli spilloni
In molte aree del mondo, soprattutto nei Paesi che circondano il Golfo di Guinea, l’animismo è una religione fortemente praticata. Molto diversa, più complessa, e lontanissima dai nostri stereotipi. Alimentati soprattutto in epoca coloniale dai missionari, che cercarono di screditarla in ogni modo, per convertire così più persone possibili al cristianesimo. La narrazione creata parlava di riti misteriosi, spesso malefici, legati a credenze tribali, strettamente connessi alla materia. Ovviamente, lontana anni luce dalla nostra concezione religiosa monoteista, fatta di simboli e liturgie verbali. Oggi, il vudù che conosciamo è un culto sincretico che mescola l’animismo tradizionale africano con elementi cattolici e altre forme di spiritualità africane. Tra i principi base, il rispetto per la natura, per gli antenati e la vita umana, ritenuta sacra e permeata dal divino. Si crede che vivi e morti coesistano e che il mondo dei defunti sia sovrapposto a quello dei vivi. Secondo il vudù, esiste un dio supremo inconoscibile chiamato Mawu, Olorun o Gran Met.
E le famose bambole? Sono rare. Perché, in realtà, non hanno nulla a che spartire con questa religione. L’icona occidentale del vudù, con i classici spilloni, è riservata ai turisti. Il perfetto souvenir realizzato proprio per chi se lo aspetta. D’altronde, gli affari sono affari. E Akodessewa è un mercato. Con tanto di pagina Istagram.