Con le sue numerose attrazioni a meno di quattro ore di aereo da Milano, Marrakech è la meta ideale per un long weekend dal retrogusto esotico.
Nell’antica città imperiale del Marocco si respira un’aria internazionale, un perfetto mix di culture, cordialità, passato e presente. Le soluzioni di viaggio, dai voli agli hotel, sono a portata di mano e, complice una tabella di marcia ben programmata, 72 ore diventano sufficienti a trasformarla in una “città tascabile” e riuscire a godersi molte delle sue meraviglie, gran parte delle quali racchiuse nelle mura della Medina, la città antica.

Medina
La casella di partenza non può che essere Jamaa el Fna, la splendida e pittoresca piazza che riassume in un’immagine l’essenza del Marocco. Come un abbraccio di benvenuto, la piazza accoglie turisti, bancarelle, chiromanti, musicisti e incantatori di serpenti. Sempre sveglia, dalle prime ore dell’alba fino a tarda sera, essa cambia faccia col passare delle ore, passando dal via vai dei venditori e dei saltimbanchi ai profumi dei cibi tradizionali cucinati al momento.
Rito immancabile (turistico, ma pur sempre di grande effetto) è assistere al tramonto salendo su una delle terrazze dei caffè che circondano Jamaa el Fna. Crocevia di anime, la piazza è anche la porta d’ingresso per visitare il quartiere dei suq, situato poco più a nord. Passeggiare nel labirinto dei suoi stretti vicoli impregnati dell’odore di spezie è probabilmente l’esperienza più sincera – a eccezione di qualche trappola per turisti – per entrare in contatto con la cultura marocchina. La sua vista è un’accozzaglia di colori: spezie, frutta secca, stoffe, tappeti e tajine, acquistabili seguendo la regola base della tradizione locale: la contrattazione.
Sempre al riparo delle imponenti mura rossastre della medina, si erge il più importante edificio religioso di Marrakech, la moschea della Kutubiyya, il cui ingresso è riservato ai soli musulmani. La moschea “dei librai”, significato del suo nome, fu costruita nei primi anni del 1100 e rappresenta a tutt’oggi uno degli esempi più riusciti di architettura islamica almohade. Il suo elemento più riconoscibile è senza dubbio l’imponente minareto, la torre dalla quale il muezzin chiama i fedeli alla preghiera: antecedente alla moschea, misura quasi 70 metri d’altezza.

Majorelle
L’ideale, dopo l’allegro caos dei mercati della città antica, è un tuffo nel blu dei giardini Majorelle. Realizzati negli anni Trenta dall’artista francese Jacques Majorelle, seguendo l’ispirazione della tradizione marocchina, essi rappresentano il continuo rincorrersi di passato e presente, oriente e occidente a Marrakech. Devono infatti la loro fama a un altro celebre francese, lo stilista Yves Saint Laurent, che assieme al compagno Pierre Bergé ne acquisì la proprietà negli anni Ottanta, riportandoli al loro antico splendore, incantato da come «in quest’oasi i colori di Matisse si mescolano a quelli della natura».
L’amore di Saint Laurent per Marrakech si incontra di nuovo nel recentissimo museo a lui dedicato, ancora una volta esempio del dualismo tra sacro e profano della città. Secondo per ordine cronologico, ma non per spettacolarità, al suo gemello di Parigi, il Museo YSL conserva anni di storia della moda, all’interno di un’architettura all’avanguardia color rosso sabbia.

Deserto Marocco
Se tante sono dunque le attrattive culturali, in un’esplorazione di culture, tradizioni e arte in bilico tra oriente e occidente, altrettanti sono anche gli svaghi che Marrakech ha in serbo: un’esperienza nei suoi hammam, per provare il vero rituale marocchino, o – con qualche giorno di vacanza in più – un tour nel deserto del Sahara, per assaporare, con le dovute precauzioni e un pizzico di vanità da turista, la vita berbera a dorso di un cammello.